Foto di Giorgio Marengo

 

 
Bajo Dora

Bajo Dora è un villaggio di 350 anime. Anticamente aveva anche un castello, bruciato durante la guerra tra spagnoli e francesi verso il 1640. I padroni, nel tempo, furono i Soleri di Ivrea e successivamente i Dallariva, che abitavano nel Cantone dei gentili in Bajo Dora, l’attuale via Mario Tognon, in memoria di un caduto partigiano.

Il campanile porta la data del 1672, molti bajolesi hanno cognomi di chiara origine spagnola come i Ferrera (de Ferreira nei libri della parrocchia), i Raga (de Raga), i Baldissero (de Baldisserio).

Numerosi documenti, soprattutto mappe accuratamente redatte, sono andate perse nel trasloco seguito all’accorpamento di Bajo a Borgofranco d’Ivrea, effetto di una legge del 1928, un affronto che i bajolesi non hanno mai accettato e saputo cancellare, chiedendo, come hanno fatto altri comuni, di tornare indipendenti dopo il 1945.
E’ rimasta comunque viva una certa vocazione ribelle.

Non solo perchè il Coro ha sede in via dei Ribelli 19, eredità legata al fatto che per questa via che immette nella vicinissima e incombente montagna, i partigiani (dai fascisti chiamati ribelli o banditi o terroristi) scappavano per sottrarsi alle incursioni dei tedeschi, ma anche per quell’antico spirito antifascista che ha sempre caratterizzato i bajolesi.

Negli anni venti le squadracce fasciste fecero numerose vittime e molti furono costretti a fuggire in Francia per trovare scampo e per trovare lavoro negato ai non iscritti al partito fascista. Bajo nel circondario era noto come la “piccola Russia” sia per quanto detto prima, sia per l’esito delle votazioni nell’immediato dopo guerra.

Ben cinque sono i caduti nel periodo 1943 - 45 della guerra partigiana. I loro nomi sono agli angoli delle vie e delle piazze del paese, ma i combattenti per la libertà furono ben trentasei.

Sulla fontana di piazza Bredda, un tempo piazza Olmo per via di una pianta secolare che vi troneggiava, si può vedere il simbolo della falce e martello fatto apporre dai partigiani nel 1945.

Anche durante il ventennio fascista i bajolesi continuarono a mantenere vive le loro tradizioni, alzando ogni anno, il primo maggio, l’albero della libertà. Tradizione che oggi il Coro Bajolese mantiene viva con la festa del AGNIR CANTAR CUN GNET (VENIR A CANTARE CON NOI) che si svolge dal 30 aprile e si spegne per esaurimento alla fine del PRIMO MAGGIO.

Vi invitiamo tutti, è un’occasione per far festa spontaneamente, senza nessun obbligo essendo la festa più disorganizzata del mondo.

TORNA SU

 

 
 

Costantino Nigra

Massimo d'Azeglio

Adriano Olivetti

 
Il Canavese

Il Canavese, In tempi antichi, era la prima fertile e boscosa pianura che accoglieva al di qua dei monti coloro che scendevano dai valichi alpini o che si accingevano a superarli.

Boschi, pianure, colline sono rimasti, oggi, a cornice di una terra ricca d'arte, di storia, di monumenti antichi e moderni. Innumerevoli sono i motivi di interesse delle località del bacino canavesano: dall'ubertosa pianura di Chivasso, passando attraverso la collina morenica della Serra che racchiude i laghi glaciali di Candia ed Ivrea, per risalire la Valchiusella, la Valle Sacra, Orco e Soana, fino alle vette del Gran Paradiso, in un continuo rapporto fra storia, cultura e natura.

Molti uomini illustri ebbero i natali o scelsero il Canavese come loro patria o dimora, trovando poi nella sua storia e nelle sue bellezze il più fertile dei terreni per le loro ricerche e produzioni artistiche.

Tra gli altri, Costantino Nigra, politico e celebre ricercatore di canti popolari; Massimo d'Azeglio statista e scrittore; Giuseppe Giacosa, penna arguta di vicende e costumi medioevali; Alfredo d'Andrade, diseggatore finissimo, architetto e pittore di poetiche immagini di un Canavese agreste, immerso nel verde di boschi e pascoli.

Mille sono le testimonianze storiche della lunga vita del Canavese: nei segni dell'arte rupestre, nelle vestigia romane e nei numerosissi castelli fino alle più recenti realizzazioni architettoniche.

I castelli soprattutto raccontano le lotte tra i grandi e piccoli signori feudali, il sogno unitario di Re Arduino, le ribellioni dei Tuchini sino alle insurrezioni ottocentesche.

In particolare quelli di Agliè e di Masino ben testimoniano del Barocco Piemontese e della stagione del massimo splendore della Corte Sabauda i cui mille anni di storia ininterrotta sono l'«unicum» di cui il Canavese e l'intero Piemonte vanno giustamente fieri.

La parallela storia del lavoro canavesano ci parla invece dell'antica coltura della canapa, in seguito trasformata in agricoltura ed affiancata dalla estrazione di minerali e pietre, che si evolve negli opifici ottocenteschi sino alla moderna produzione di alta tecnologia con ricerche e produzioni industriali d'avanguardia soprattutto in campo elettronico e informatico.

Anche la gastronomia, la viticoltura, l'artigianato canavesano meritano l'attenzione del visitatore di oggi, che dal binomio turismo e cultura cerca di trarre non solo piacere, ma anche insegnamenti, per capire con le parole del poeta Guido Gozzano l'incanto della Serra d'Ivrea, «rifuggio luminoso ed alto”, donde si ammira uno dei più bei paesaggi del Piemonte.

Per tradizione e cultura la zona del Canavese si è sempre presentata come parte attiva e direttamente coinvolta nelle maggiori evoluzioni tecnico-organizzative dell'economia non solo piemontese ma anche italiana.

Dai primi processi di industrializzazione, che riguardavano principalmente la tessitura della canapa, l’estrazione dei minerali ferrosi e la forgiatura di utensili ed armi da taglio per uso contadino, si è passati all'affermarsi dell'industria meccanica per giungere all'odierna massiccia presenza dell'industria elettronica.

Parallelamente una radicale trasformazione si è pure verificata nell'ambito della progettazione e strutturazione degli stabilinti grazie all'apporto dei migliori e più qualificati architetti e urbanistii e soprattutto alla illuminata lungimiranza di Adriano Olivetti.

Tale concezione venne pure attuata nella costruzione di abitazioni per operai, e impiegati, edificate nell'ottica di una nuova visione dell'uomo e dell'ambiente. Nell'ultimo ventennio si è andato quindi sempre più affermando il settore produttivo a più alto contenuto tecnologico che costituisce un punto di riferimento e di richiamo per gli operatori del settore.

TORNA SU

 

 
 

 

 
La Regione Piemonte e la Provincia di Torino

La regione Piemonte è nel Nord-Ovest dell’Italia, ha circa 4.300.000 abitanti e un’area di 25,400 km2. Confina con la Francia a ovest e con la Svizzera a Nord.

La capitale della regione è Torino, che è una delle più ricche dell’Italia. Il Piemonte è diviso nelle province di Alessandria, Asti, Biella, Cuneo, Novara, Torino e Vercelli, dal nome delle loro capitali.

La regione è soprattutto montuosa e collinare con le Alpi a nord e a ovest e gli Appennini a sud. Nelle zone più alte del Piemonte si producono i frutti della foresta e sono allevati bovini. Nella valle fertile dell’inizio del fiume Po sono coltivati grano e cereali.

Il Piemonte è altamente industrializzato e le sue industrie che producono automobili e autocarri (principalmente in Torino), prodotti tessili, oggetti di cuoio, alluminio, prodottii chimici, vetro, vino e prodotti per ufficio sono sostenute da impianti idroelettrici sviluppati e possono utilizzare una estesa rete di trasporti.

TORNA SU

 

 
Copyright © 2007 Centro Etnologico Canavesano - Via dei Ribelli, 19 - 10010 Bajo Dora (Torino) Italy - Tutti i diritti riservati
CON IL PATROCINIO DELLA REGIONE PIEMONTE E DELLA PROVINCIA DI TORINO

WEB DESIGNER: GIORGIO MARENGO