Non tanto tempo fa nell'immaginario dei "paesani", giudicati superficialmente "un pò barotti", dai "cittadini", Ivrea era la meta, il centro più importante per ogni genere di necessità o di ambizione.
Il venerdì di mercato era un appuntamento, fisso, come lo è per molti anche oggi. Con la "vitüra tirà dai cavài" arrivavano ai quattro angoli della citta.
A Porta Aosta i cavalli sostavano alla "Croce Bianca" o a "La Barra ëd Fer". A Porta Vercelli si fermavano al "Solferino" e ancor più sovente a "La Corona d'Italia".
Più recentemente, quando Ivrea era "capitale" delle varie tecnologie e dell'esemplare gestione del "capitale umano" che vi lavorava, ogni giorno della settimana era da vivere in "Ditta", così si diceva per non dire il troppo lungo "Fabrica d'Olivetti".
La festa d'estate, per antonomasia, era San Savino, con la fiera dei cavalli, le giostre, i baracconi, le bancarelle col torrone e lo zucchero filato, i cantastorie che vendevano medaglie e medagliette con i fogli volanti, le canzoni e i tre numeri da giocare al lotto.
Ma l'emozione più grande si viveva a Carnevale, quando i carri allegorici dei paesi vicini erano invitati alla sfilata del lunedì.
Un avvenimento memorabile!
Era in quel momento che Ivrea diventava il cuore pulsante del Canavese e dei suoi abitanti.
Anche noi, la sera del 24 aprile, sulla piazza del "Giacosa" provammo l'emozione di essere ufficialmente e spontaneamente invitati dall'amico Sindaco di Ivrea, Dott. Carlo Della Pepa a cantare nel prestigioso teatro della "capitale" del Canavese.
Canteremo Le Martine, i Canti Narrativi, già annotati da Costantino Nigra, suoneremo i
Corni e le Raganelle del tempo pasquale, giocheremo alla Morra, vi inviteremo a "bere nella scodella dell'Amicizia", faremo i canti dei nostri partigiani.
E infine le più dolci e più struggenti melodie che costituiscono l'identità della genuina e spontanea poesia della nostra Gente.
Vi invitiamo alla grande rimpatriata nella "capitale" |